martedì 30 luglio 2013

Lorenzo Bertocchini > Bootcut Shadow



Anche se il campanello di casa è a Varese, Lorenzo Bertocchini è un musicista noto sulla scena dei songwrites della east coast, quella del Greenwich e di Asbury Park, dove Lorenzo è di casa. Con i suoi Apple Pirates aveva registrato l’ottimo Uncertain Texas un paio di anni fa. Oggi torna con un altro album da urban cowboy, Bootcut Shadow. Il disco gira attorno ad una grande ballata elettrica, la lunga ed affascinante Cowboy che apre il disco, sottolineata da un assolo di sax di Phil Brontz. Lorenzo ha una grande voce e una ottima band, e le sue canzoni sono brillanti, e non possono non portare alla mente l’atmosfera di Steve Forbert.
Bertocchini canta in inglese e gli piace raccontare delle piccole cose della vita quotidiana, con un pizzico di humor e strizzar l’occhio al pubblico. Probabilmente canzoni sulla suocera in auto (ma ci aveva già pensato Springsteen), sulla fidanzata che prende la patente ma non guida poi tanto bene, sul raffreddore funzionano bene sul palco dei club americani, e strappano una risata al pubblico. Però la musica rock vive anche di una sua epica, e su disco questi temi abbassano un po’ la tensione: ai tempi dei vinili probabilmente avrebbero trovato posto come retro dei singoli. Il meglio piuttosto salta fuori nelle ballate romantiche come la citata Cowboy, Payphones e Four In The Morning. Belle le due cover, Coffee Break di Willy T. Massey e Workin’ At The Car Wash Blues di Jim Croce. I Remember è un duetto springsteeniano con Jennifer Sofia, More and Less cita Jackson Browne, la conclusiva On A Night Like This è un omaggio a Dylan.
Un ottimo cantautore rock, un disco brillante.

sabato 27 luglio 2013

Luca Rovini > Avanzi e Guai



Luca Rovini è un giovane toscano che di (secondo) mestiere, quello della passione, fa il liutaio ed il cantante. Costruisce chitarra su misura e ci suona il folk, il blues, la musica delle radici. Cantante folk a modo suo: folk americano del sud cantato in italiano. Cita Bob Dylan (credevo che Scoppia la testa, il brano che apre il disco, fosse del padrino americano), si ispira a Bennato, a De Gregori, a Rino Gaetano, in un’occasione (Sguardo di Pietra) anche a Mannarino. I suoi temi sono quelli degli hobos: la strada, la polvere, la strada, le persone, la strada, la vita, la strada, l’amore. Minimale, intenso, divertente, Avanzi e Guai è un disco che non si prende sul serio fino in fondo, ma ha la sola pretesa di divertire. Lui, Luca che lo canta e lo suona assieme al chitarrista Claudio Bianchini, e noi, il pubblico che abbiamo la ventura di ascoltarlo, il disco o il live show. Se dobbiamo reinventarci il rock a dispetto dei media, delle radio, della TV, delle riviste, di questi tempi senz’anima per banchieri e truffatori, le nostre radici partono anche da qui, dal folk da respingenti di Luca “Woody” Rovini.  
P.S.: l’ultima traccia, strumentale, si intitola Late Night Blues For Willy DeVille. 

Blue Bottazzi 


Il sig. Luca Rovini, di Cascina in provincia di Pisa, capello rock, occhiali a specchio e basette alla Tony Joe White prima maniera, di mestiere fa il geometra, e nella sua professione gode di molta stima. A tempo perso Luca si diletta a vestire i panni del cantautore ed a costruire chitarre, da liutaio autodidatta ma che sa il fatto suo. Ed entrambi le passioni musicali amatoriali cominciano a dare i loro frutti. “Avanzi e Guai”, bello il titolo che hai dato al tuo album, maestro, ma, considerando che su dieci brani ben otto evocano, percorrono, sognano, benedicono, maledicono e bestemmiano la strada, in senso reale e metaforico, forse sarebbe stato meglio dedicarglielo! Devo dire che, per quel poco che conosco il personaggio (un amico, purtroppo ancora e solo, virtuale), il lavoro, autoprodotto, da lui stesso registrato e masterizzato, sembra un compendio di tutto ciò che ha ascoltato ed ascolta, dei suoi musicisti preferiti, aree geografiche americane comprese. In tutti brani, firmati di suo pugno, ci vedo e ci sento il Dylan con chitarra acustica a tracolla ed inflessione di voce dei tempi pre-elettrici, tracce del suo beniamino Willy DeVille, la crema del cantautorato texano della fine degli anni Settanta (gli artisti introdotti dal Mucchio, per intenderci), i musicisti di strada (appunto!), qualche riff di blues rubato più ai bianchi che ai neri e persino, perché no, i menestrelli nostrani romani, napoletani e lombardi. Ed uno stillicidio di emozioni che sprizzano in ogni direzione, tanta è la partecipazione ed il coinvolgimento mostrati dall’artista in ogni istante. Mi piace, e molto, la chitarra solista slide ed il dobro (manco a dirlo costruiti dal nostro), nelle mani dell’amico di lunga data Claudio Bianchini: hanno un che di arcaico, semplice (ma solo in apparenza) ed immediato e si dimostrano efficacissimi, con note vellutate o graffianti, molto spesso in completa sintonia coi testi rigorosamente in italiano e quasi sempre introspettivi con scarsi agganci al territorio di provenienza (come invece farebbe supporre la bella copertina vintage). Le composizioni sono notevoli: le mie preferenze vanno a “Scoppia la testa”, “Sporca danza”, “Tra la polvere ed il cielo” e, con particolare riguardo, alla strumentale “Late Night Blues, For Willy DeVille”, un omaggio al compianto artista, molto cooderiano nella struttura e nelle atmosfere, eseguito da Luca in completa solitudine. Forse, e questa è solo un’impressione personale e non una critica, i brani risultano troppo lunghi in un album dove l’accompagnamento acustico ha un parte predominante: nello spazio di quattro o cinque minuti di acustica e voce, pur ravvivato ed intercalato dal guizzo delle parti soliste, se non sei un mago rischi di annoiare a morte l’ascoltatore. Tirando le somme si ascolta un bel disco, piacevole, spontaneo, a volte innocente, a volte sarcastico con punte di ironia ed autoironia, anche se non del tutto originale. Reperibile dal primo maggio in digitale su iTunes, Amazon, ecc. Porgete orecchio, noi intanto “ci vediamo stasera su una vecchia strada… blueeeee…s…”.

Pierangelo Valenti