giovedì 20 novembre 2014

Paura di volare


Cari musicisti italiani, 
siete molto bravi. Sapete suonare, a volte sapete cantare, spesso sapete scrivere le canzoni. Però non ne volete sapere di inventare: i vostri arrangiamenti sono rigorosamente quelli dei vecchi modelli, le vostre formule sono rigorosamente ortodosse. 
E l’invenzione? Ed il coraggio? Perché non vi viene voglia di provare coro differente, uno strumento bizzarro, una canzone che non sia già stata scritta nel New Jersey? 
Avete mandato a memoria Springsteen, Willie Nile, Steve Forbert. Perché non ascoltare anche Sgt.Pepper (non serve troppo coraggio: dopo tutto ha quasi 50 anni...) ?

sabato 15 novembre 2014

la première del reunion tour dei Rocking Chairs


È un umido pomeriggio di una stagione che si appresta a diventare inverno, quello nel quale punto verso Modena, per un’occasione molto speciale. Siamo a metà novembre e non manca poi molto a Santa Lucia, la giornata più breve che ci sia. Ed infatti viaggio già al buio, lungo la A1 affollata come al solito di anime rassegnate di pendolari delle quattro ruote che si muovono per questa via Emilia del nuovo secolo.

“ Luci che si accendono sulla strada e via, i fari delle macchine lasciano una scia
di desideri quasi realizzati, di verità e bugie
su questa antica carreggiata, su queste due corsie, che sono tue e mie...” 

Verità e bugie... l’ultima volta che ho percorso questa strada per la stessa destinazione ero con la mia Musa, oggi sono solo. Anche se gli anni mi hanno insegnato a non dar fiducia alle parole delle donne (che più che per dire servono ad ottenere, fosse anche solo consolazione), mi prende un po’ di malinconia in questa solitudine inscatolata sulla mia vecchia auto fra tante altre auto - ancora di più quando addento un panino molle all’autogrill “Secchia est”.
Ma il posto dove sono diretto non è l’Heartbreak Hotel, ma è invece uno dei luoghi più deliziosi che mi sia dato di conoscere: si chiama proprio Il Posto, è la bomboniera di Rigo Righetti e di Francesca Vecchi, un rifugio di cinema, di arte, di musica. Un Posto dall’aria cinematografica, fra stanze in cui sono stipati costumi di ogni epoca, scarpette rosse femminili esibite in tortiere di cristallo, e specchi con scritte inneggianti a Willy DeVille ed i Sex Pistols. Nel salone ci sono il palco, gli amplificatori, il giradischi e le file di sedie e, of course, gli amici.
Il centro di Modena è come sempre affollato di giovani, e questo fa bene al cuore. Salgo gli scalini ed eccomi fra amici speciali e qualche VIP. Ci sono volti noti, artisti, fotografi, disegnatori, appassionati, ma soprattutto ci sono Graziano Romani, Robby Pellati, Rigo Righetti, Mel Previte, Max Grizzly Marmiroli e Franco Borghi. Sono i Rocking Chairs, un nome perso nella leggenda, il gruppo capostipite di tutta la vivace scena del rock anglofono italiano di questi anni duemila, che mi piace chiamare di Little Italy.


Nel 1990 sullo stereo della mia auto aveva un posto fisso la cassetta di No Sad Goodbyes, il loro terzo disco. Erano anni di crisi d’astinenza per Bruce Springsteen, che aveva sciolto la E Street Band e stava registrando il suo disco solista. I Rocking Chairs facevano sognare a noi rocker tutta la mitologia del rock romantico ed urbano di quegli anni, e ascoltando il loro disco, a circolare in auto per la via Emilia mi sembrava di percorrere la 101 in California o la New Jersey Turnpike sulla costa atlantica.
Ebbero un grande seguito di pubblico e arrivarono a registrare a New York e persino a New Orleans, con Elliott Murphy, Willie Nile, Robert Gordon, Bobby Bandiera. Memorabile la loro cover di Vagabond Moon di Nile. Ed il loro pubblico non li ha mai dimenticati.


Io stesso sono il primo ad aver auspicato il loro ritorno, ed è così un’occasione molto speciale questa in cui almeno un sogno si è sta avverando. Lo show ufficiale della reunion avverrà il 13 dicembre (Santa Lucia!) a Casalgrande, in Teatro (già sold out), ma questa sera di fronte ad un pubblico selezionato di amici invitati si tiene la première, una specie di prova generale.
Quasi per modestia il tema iniziale sarebbe quello di un tributo a Van Morrison, ed infatti lo stereo diffonde le note di Bring It On Home To Me dal vinile It’s Too Late To Stop Now, il capolavoro del rosso irlandese. Ma non è “The Man” che la gente vuole, ma i Chairs.


Così Graziano parte intonando proprio la cover di Sam Cooke, e poi Valery, dal primo album della band, e subito dopo Crazy Love, e si capisce da subito che il gruppo non è mai stato tanto in forma: come il vino buono si è trasformato da un frizzante novello ad un vino importante, di pregio. Xpensive wine. L’intimità del palco favorisce una musica a volume contenuto, dove si capiscono subito le caratteristiche della serata: una band molto potente ma anche rilassata, che pare di sentire i cori dei Little Feat che aprono Waiting For Columbus.
Robby, il batterista che ama la musica lirica, suona il rullante, in un’occasione solo con mani; il sax di Max (sulla destra) e la fisarmonica di Franco (in stereo, sulla sinistra) conferiscono una gran profondità al suono. La voce di Graziano è in forma smagliante, non è mai stata tanto buona e profonda. Mel è il più rockettaro, mentre imbraccia la Telecaster seduto sull’amplificatore. Rigo è un gran bassista, senza complessi di inferiorità verso nessun grande delle quattro corde.


Arriva addirittura Caravan, come nel Last Waltz, con il Graziano che pur seduto scalcia nell’aria. Camden Town, ancora dal disco d’esordio ma in versione rock’n’roll, e quando arriva No sad Goodbyes sono in trance: non l’ho mai udita così bella e di certo non credevo in cuor mio che l’avrei mai sentita dal vivo.
Hate & Love Revisited, Burning ed il gran finale sulla ballata romantica di I Will Be There Tonight.

Graziano ci racconta di aver preso la decisione di essere il cantante di una band mentre tornava in pullman da Zurigo, dopo aver assistito allo show di Bruce Springsteen e la E Street Band all’Hallenstadion. Ma dopo tutti questi anni non ci sono più riferimenti musicali esotici per i Rocking Chairs: né Springsteen, né Van Morrison, né Willie Nile: ora il sound è solo Rocking Chairs certificato al 100%. Una band adulta, piena, ricca, che suona con molta maturità ma anche con tanto entusiasmo. Che sta per riversare sul pubblico per il Reunion Tour per tutto il 2015.
Non me ne vogliano i tanti amici delle band italiane, ma i Chairs sono il numero uno: volano alti. Ed in cuor mio mi auguro che l’intimità sonora a cui ho testimoniato non vada perduta nel festoso rock’n’roll show nei teatri.


Alla fine abbraccio tutti, che mi hanno regalato una grande estasi, che in qualche modo paragono a quella provata per i grandi Roger Daltrey e Wilko Johnson sul palco dello Shepherd Bush all’inizio di questo stesso anno.
Robby Pellati mi fa dono delle sue bacchette, ed io il giorno dopo entro da Music Land per comprarmi proprio un rullante: vuoi vedere che questa magica serata mi lascerà persino di più di quanto immagino?
Ritorno solitario lungo le corsie dalla via Emilia, non la SS9 ma la A1, con la luce della riserva accesa e Jackson Browne sullo stereo.

“Sempre dritto davanti a te, sembra non finire mai
ma quante gomme a terra e quanta nebbia e in mezzo noi
Non fermiamoci finchè un altro giorno ci troverà correndo sulla Via Emilia” 

(le fotografie belle sono di Gabriella Ascari, quelle con un iPhone le mie)


lunedì 10 novembre 2014

Cheap Wine > Beggar Town


Vent’anni e dieci dischi per i Cheap Wine, la più longeva delle band di Little Italy. Partivano nel novanta con un infuocato punk rock ispirato alla scena Paisley Underground dei Dream Syndicate, da cui prendono anche il nome. Il torrido rock delle chitarre è rimasto nei live show, mentre questo Beggar Town è assai più tranquillo, introspettivo, lento, quasi un disco solista di Marco Diamantini, anche se non ho dubbi che le canzoni verranno vivacizzate in concerto.
In sala d’incisione la ritmica è tenuta a freno, così come la chitarra elettrica di Michele (sempre Diamantini) e le sempre ottime tastiere di Alessio Raffaelli. Qualche momento strumentale si elemosina nell’introduzione di Your Time Is Right Now e nel rock’n’roll di Black Man, mentre la voce di Michele arrotola le sillabe inglesi di molte molte parole (ma anche di Springsteen si diceva che scrive testi troppo lunghi). Keep On Playing mi ha portato alla mente persino la PFM degli anni settanta. Da come la vedo io, il disco decolla sul finale, nella eterea ballata di The Fairy Has Your Wings (For Valeria).