mercoledì 28 ottobre 2015

Graziano Romani > Vivo / Live


Due leggende in una, sin dalla copertina, bellissima. Graziano Romani, il papà del rock di Little Italy con i Rocking Chairs, e l'etichetta Route 61, la Asylum italiana. Che in Vivo / Live ci sia tanto amore e tanta passione si capisce così fin da prima di infilare i due dischi, quando si prende in mano la copertina: 27 canzoni registrate dal vivo nel 2013 al Festival Parco Secchia, sulla via Emilia, con una big band di sette elementi, fra cui il sax di Max Grizzly Marmiroli, uno dei Chairs.
I Rocking Chairs, sono in tanti a ricordarlo, furono negli anni a cavallo del '90, la prima grande band nazionale di rock anglofono, ispirato alla leggenda della E Street Band, quando i magnifici sette di Springsteen erano diventati solo un ricordo. Che lenivamo ascoltando i dischi di John Cougar Mellencamp, Tom Petty, John Eddie, Joe Grushecky, John Cafferty ed, appunto, i Rocking Chairs, autori di quattro bellissimi dischi, di cui uno registrato a NYC con Elliott Murphy.
Dopo la fine della band Graziano ha continuato, registrando un disco di cover (fra le quali You Can't Always Get What You Want degli Stones) con i Megajam 5, per poi inaugurare una carriera solista, fatta di dischi rock cantati in inglese, altri in italiano ed uno tutto di canzoni, per l'appunto, di Springsteen.
Questi ultimi anni sono stati di soddisfazione per Graziano: la reunion della vecchia band, con il Rigo Righetti, Robby Pellati, Mel Previte, Franco Borghi e Marmiroli, che ha portato ad un tour per l'Italia, e si spera in un disco prossimo venturo, magari proprio in concerto. E questo doppio live, che è l'antologia di una vita folgorata dal rock, quella notte del '81 che tornava, forse in pullman, dal concerto a Zurigo, all'Hallenstadion, di Bruce Springsteen & The E Street Band, un momento epocale per molti di noi.
Il disco / concerto gira che è una meraviglia, gira con un rodatissimo ritmo diesel, ed ogni suo elemento si incastra perfettamente nell'altro, che siano i pezzi dei Chairs (Cast The Stone, No Sad Goodbyes, Freedom Rain), pezzi più recenti (Up In Dreamland), brani in italiano (via Emilia, Augusto cantaci di noi), i pezzi "dei fumetti" (My Name Is Tex, Darkwood) e cover, del Boss (The Price You Pay), Chuck Berry (Johnny B. Goode), fino a Woody Guthrie (una sua versione di Goodnight Irene) e persino Who (Won't Get Fooled Again).

Un disco che al tempo stesso ha il pulsare energico del rock'n'roll e il calore della riunione fra amici con le chitarre acustiche. Un disco che si impone fra i live più belli registrati da un rocker italiano.
Un must per ogni rocker che viaggiando per la via Emilia fra la costa ligure e quella romagnola non può fare a meno di immaginarsi in una coast to coast sulla route 66. Anzi, 61.

martedì 27 ottobre 2015

Ruben > La vita alle spalle


Uno dei momenti migliori della musica italiana sono stati gli anni settanta dei cantautori: De André, Guccini, De Gregori, Bennato, Finardi, Dalla, Lolli, Venditti...
È a quel periodo che si ispira Ruben, cantautore degli anni duemila, già autore di Il rogo della vespa, Il lavoro più duro, Live alla fontana ed uno Spezzacuori, omaggio alle canzoni di Massimo Bubola.
Un mestiere ingrato, il cantautore negli anni duemila, che non ripaga neanche di una frazione del proprio talento. Al disinteresse musicale dei nostri giorni, Ruben reagisce con un gesto di orgoglio: se il mondo non valorizza il lavoro dell'artista, sarà l'artista a valutarlo da sé, a partire dalla vendita. Il suo nuovo album non è distribuito, è in vendita solo privatamente, ed al prezzo di 45 € ad ogni copia (autografata). Se vuoi un piccolo tesoro, lo devi pagare.

La vita alle spalle è curatissimo. Molto ben registrato, ben arrangiato, ben suonato, ben cantato, ha la durata di un long playing. È un disco che sa un po' di testamento: non a caso il tema è la morte. Ispirato dalle suggestioni di Death Of A Ladies' Man, il capolavoro di Leonard Cohen (registrato, vedi caso, nel 1977), Ruben immagina le parole finali di un cantautore, di un puttaniere, di un giocatore, di un pigmalione, di una ragazza qualunque, e persino di un attore porno e dell'Imperatore Nerone, fra arrangiamenti indovinati e sofisticati, viole, violini, tromba e strumenti a corda dalle chitarre ai mandolini. Un intermezzo strumentale si sviluppa in tre episodi, dal preludio al finale, con il titolo di Ogni ora ferisce, l'ultima uccide (dal titolo di un film francese degli anni sessanta). In un brano elettrico sembra persino di ascoltare i Pink Floyd.

Davvero un bel disco. Tanto da far rimpiangere la scelta di nasconderlo in un giardino segreto. Finite le copie fisiche, varrebbe la pena di lasciarlo ascoltare, magari pubblicandolo su siti come Spotify. Non ci si aspetta di guadagnare nulla, ma alla fine si crea per essere trovati, no?