martedì 23 febbraio 2016

Cinque anni di Route 61


La decade degli anni settanta fu un momento d'oro per la musica californiana, e la casa discografica più rappresentativa di quella scena era la Warner Bros Records, attraverso un poker di etichette sorelle. La prima era la Warner vera e propria, diretta da Mo Ostin, che attraverso consulenti artistici come Randy Newman e Ry Cooder, si ritrovò a rappresentare Grateful Dead, Little Feat, Frank Zappa, Doobie Brothers, Fleetwood Mac. La seconda, la Asylum diretta da David Geffen, raccolse i migliori artisti che si erano fatti le ossa sul palco del Troubadour: Jackson Browne, Joni MItchell, Tom Waits, Warren Zevon, Eagles. La terza, la Reprise, stampava i dischi di Neil Young, Ry Cooder, Van Dyke Parks e persino Beach Boys. La quarta etichetta del gruppo era la Atlantic, in realtà newyorchese, ma con CSN&Y in scuderia. Anni d'oro.


Nel nostro piccolo, anche noi abbiamo la nostra Asylum Records, e compie cinque anni di questi giorni. Si chiama Route 61, ed è diretta da Ermanno La Bianca, già cronista rock, per esempio sulle pagine de Il Mucchio Selvaggio.
Mi è arrivato in questi giorni un libretto che custodirò gelosamente per la sua importanza "storica": è il catalogo della Route 61 di questi primi cinque anni. I nomi degli artisti che hanno inciso per l'etichetta vanno da Daniele Tenca, Francesco Lucarelli, Graziano Romani, Mardi Gras, Hernandez & Sampedro (autori di Happy Island, uno dei migliori album italo-anglofoni di sempre), a leggende internazionali come Carolyne Mas e Elliott Murphy, fino a Judy Collins, Steve Wynn, Willy Nile, Karla Bonoff, Bocephus King...



È una cosa preziosa e persino un po' sorprendente che in questi anni di vuoto pneumatico, ci sia ancora chi riesce a far funzionare il cuore e la mente. Long may you run...

lunedì 22 febbraio 2016

Rigo Righetti, Robby Pellati & Mel Previte : i tre moschettieri del rock italiano


Gli USA avevano un gruppo leggendario, la TCB Band ("taking care of business"), che accompagnava Elvis Presley, ma anche Gram Parsons e Roy Orbison. Per non essere da meno, noi abbiamo Rigo Righetti,  Robby Pelati e Mel Previte, una leggenda musicale fiorita lungo il rettifilo della via Emilia. Cuore pulsante dei Rocking Chairs, i padrini del rock anglofono italiano fin dagli anni ottanta (assieme a Graziano Romani, Franco Borghi e Max Grizzly Marmiroli), di recente in un tour di reunion che però non ha dato frutto ad un album.
Poi i tre sono diventati la band di Luciano Ligabue. E ancora mille altre cose, da gruppo del Rigo solista a Gangsters of Love di Mel Previte, un inesauribile motore di rock 100%.
Rigo (che è anche il bassista dei Lowlands), modenese, è il gigante gentile, dall'alto della sua statura, grande bassista elettrico (di Fender) ma anche cantante influenzato dall'America di Johnny Cash.
Mel è il chitarrista sornione, uno che sotto l'immancabile cappello maschera con un basso profilo un umorismo tagliente tutto emiliano. Per citare Gassman, di poche parole ma "ogni frase è una sentenza".
Robby, reggiano, appassionato di musica lirica e fan di Maria Callas, al contrario è un carattere sanguigno, irruente nei modi e poco portato per la diplomazia; batterista raffinato, in grado di suonare tutto un concerto sul solo rullante.
Ascoltarli suonare assieme è sempre un divertimento, ma diventa un privilegio quando si divertono rilassati sull'intimo palco de Il Posto, la tana di Rigo (e della moglie Francesca) nel cuore di Modena, di fronte ad un gruppo selezionato di invitati.


Rigo da anni porta avanti un'attività solista che ha svettato in Songs From A Room e Smiles & Troubles, dove viene fuori evidente l'amore per Johnny Cash e la musica Americana. In questi giorni è alle prese con il tour per il nuovo album, di nuovo in inglese, Water Hole (sul cui titolo scherza come il buco nell'acqua). Ci sono cose che apprezzo particolarmente in Rigo. Una è la sua capacità di sintesi: a differenza di altri musicisti italiani più inclini alla logorrea, sa selezionare il materiale, preferendo uscire con qualche canzone in meno ma "riserva".
Da tempo suggerisco ai nostri musicisti di cimentarsi anche con la formula del singolo, anziché riempire i CD come panzerotti fino all'ultimo minuto disponibile.
Water Hole è un lavoro delicato e semiacustico, fragile e affascinante come una palla di vetro, un disco (registrato in presa diretta dal vivo) dove ogni nota ed ogni strumento è minimale nel suo apporto.
Henry's Siegel Mentality, la canzone di apertura, è la più intrigante, una ballata zingara che si presterebbe bene ad essere cantata anche in italiano, ed avrebbe una chance di successo in un mercato altrimenti avaro di prospettive.
Rigo è soprattutto un bassista, in prestito come cantante e chitarrista; dal punto di vista strumentale il brano più cesellato è Dangerous, una ballata ispirata al giro di Take A Walk On The Wild Side di Lou Reed, dove il basso elettrico fa la sua figura.
Tutti i brani hanno un fascino preciso, e più si lascia girare il disco sullo stereo, più si fanno piacevolmente familiari. Forse il secondo "singolo" ideale sarebbe (Don't Want To) Cheat You, la bella ballata che chiude il disco.
Un lavoro da ascoltare, Water Hole, ancora di più in concerto, quando ogni canzone prende vita e si scopre autonoma.



P.S.: è in arrivo anche un live, dei Gangster Of Love, alias i tre moschettieri capitanati per l'occasione dal Mel Previte. Registrato a Pavia il 28 febbraio.