mercoledì 29 febbraio 2012
Miami & The Groovers Good Things
Questi ragazzi sono Local Heroes, eroi della east coast dove tocca la via Emilia, sulla spiaggia di Rimini. Sono gli eroi locali di club come il Rockisland in fondo al molo, ma non c’è posto dove non abbiano suonato, compreso quando hanno fatto da backin bands a Southside Johnny & The Asbury Jukes, un’altra shore band, anche se la spiaggia di questa da sull’Oceano Atlantico. Good Things è il terzo album della band di Lorenzo Semprini, ed è un enorme passo avanti rispetto ai precedenti. Se i Miami nascevano ispirati alla scena di Asbury Park ed in particolare ai dischi di Bruce Springsteen, con Good Things hanno realizzato definitivamente un proprio suono, personale, che non richiama più in nessun momento le canzoni del Boss. La musica di Good Things è gioiosa, trascinante, potente, orecchiabile anche. Un disco da infilare sullo stereo dell’auto e non togliere più, come un bel Tom Petty dei tempi di Damn The Torpedoes. Se proprio fossi obbligato a descriverlo a chi non li ha mai sentiti (e non ha voglia di cercarli su iTunes) farei il nome di un rocker newyorchese, Willie Nile.
Good Things la canzone apre l’album con un inno trascinante fatta apposta per il live show, dove la voce delicata di Lorenzo Semprini si arrampica sui cori. Ma già A Night Train, come pure Under Control e Burning Ground raccontano di un rock sporco di matrice più british, fra i riff beat rabbiosi di Kinks e Who e le Garage Band americane. Audrey Hepburn’s Smile è una ballata divertente e solare come lo è tutto il disco, qualche cosa di piacevole da ascoltare come lo era il rock degli anni ottanta di John Cougar, Beat Farmers, Del Fuegos.
La perfezione però la band la raggiunge nel cuore del disco, con quelle ballate che sembrano sgorgare naturali e senza fatica dal cuore del cantante, come la malinconica Walkin’ All Alone pennellata dal violino di Heather Horton (la moglie di Michael McDermott) e dal duetto vocale con Riccardo Maffoni.
Come la bellissima Before Your Eyes, aperta dal gioco fra l’organo ed il piano di Alessio Raffaelli, che è impossibile non cantare a squarciagola nel coro.
Come la strepitosa Always The Same introdotta da un bel giro di piano.
Postcards è una ballata dolce: “sto scrivendo una cartolina per quella che amo, sto scrivendo una cartolina dal confine del mondo, perché ho corso per chilometri e chilometri e tu sei così lontana da me”.
Il gran finale è addirittura il brano più bello, We're Still Alive, una irresistibile giga irlandese dall’energia punk Pogues, per salutare il pubblico e lasciarlo nell’estasi: “piangerai quando diremo addio alla gente che è venuta questa sera? corriamo ancora sulla stessa strada, è un altro giorno per me e per te, augurami buona fortuna, siamo ancora vivi!"
Un disco bellissimo, canzoni bellissime. È ora di rendersi conto che la scena italiana è la più brillante del panorama rock & roll internazionale di oggi. Non perdetevela.
Bravi tutti, Lorenzo, Claudio Giani al sax, Alessio Raffaelli alle tastiere, Beppe Ardito alle chitarre, Luca Angelici al basso e Marco Ferri alla batteria. Antonio Gramentieri, Alez Valle, Heather Horton, Israel Nash Gripka e Riccardo Maffoni ospiti.
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2 commenti:
Scommetto che We're Still ALive sarà il titolo del prossimo disco live della band!
Concordo pienamente. Un ottimo disco, carico di energia positiva. Anche nella tanto bistrattata Italia si può fare del buon,sano, vecchio, rock'n'roll. Musica di strada, senza fronzoli!
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