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giovedì 10 marzo 2016
Daniele Tenca Love Is The Only Law
Daniele Tenca è un elegante bluesman di gran classe: the Duke of Italian blues. E non smette di crescere disco dopo disco. Live From The Woking Class richiamava le chitarre brit blues dei Bluesbreakers e la ritmica dei Blasters. Wake Up Nation scivolava nella notte fra lo Springsteen di State Trooper ed i Suicide.
Love Is The Only Law (che gran titolo!) alza ancora l'asticella, segnando una volta di più il meglio dell'artista milanese. Un blues notturno, laidback, sussurrato fra swamp, bajou, John Campbell, Mason Ruffner e JJ Cale.
Love Is The Only Law, è la canzone che apre e chiude il disco. Lo apre con un blues acustico che porta alle origini nella musica afroamericana, fra Cotton Belt e monti Appalachi. Lo chiude con sciabolate di chitarra elettrica. Nel mezzo si viaggia fra folk, blues a la John Lee Hooker, ballate a la Stones, boogie afosi, ritmi che strisciano come serpenti nel bajou sotto una luna piena, danze voodoo. L'evocazione del loup garou.
Bello davvero, da ascoltare a ripetizione. E chissà come sarà ascoltarlo nelle notte afosi d'estate...
P.S.: un'altra produzione marchiata Route 61.
giovedì 24 gennaio 2013
Daniele Tenca - Wake Up Nation (Route 61)
Wake Up Nation, Svegliati Nazione, è il terzo disco di Daniele Tenca, milanese già leader di una cover band di Springsteen ed oggi bluesman fra John Lee Hooker e un Nebraska in versione elettrica. Blues For The Working Class era dedicata ai morti sul lavoro; Live For The Working Class è (forse) il suo lavoro più coinvolgente, libero di galoppare nella dimensione del live show con una ritmica diesel ed una chitarra solista che rincorre (da vicino) Mick Taylor o Eric Clapton.
Wake Up è un disco deciso, essenziale, granitico, potente, minimale nella formula chitarra elettrica ritmica, basso e batteria e naturalmente la solida voce americana di Tenca. Non ci sono svolazzi, armoniche di troppo e neanche spazi per i solismi. C’è un solido boom boom boom a sostenere testi sociali su una società distopica che stritola le persone. Siamo immersi in un clima elettrico notturno che mischia con decisione lo Springsteen di State Trooper e Johnny 99 ai ritmi sintetici di Suicide (Default Boogie, Wake Up Nation). Insomma, un disco affilato che non si limita a citare il rock blues ma ne usa la sintassi per creare un rock contemporaneo quanto potente. Per inciso, è un nuovo prodotto della coraggiosa Route 61, l’etichetta di Ermanno Labianca. Segnalo anche il conflitto di interessi del mio nome fra i ringraziamenti nel libretto, che altro non è che il segno di un sogno comune condiviso fra musicisti, ascoltatori, fotografi e cronisti musicali della scena di Little Italy.
Blue Bottazzi
mercoledì 23 novembre 2011
Daniele Tenca Live For The Working Class
Ricordate i Blasters? Quella band incredibile, la band dei fratelli Dalton… Dalvin… Alvin. Phil e Dave Alvin, band di Los Angeles dalle origini rockabilly ma ben presto portabandiera del Rock Americano con la maiuscola, in qualche modo gli eredi dei Creedence dei fratelli Fogerty (di San Francisco). Avete presente i Blasters di No-Fiction, 1983, il loro capolavoro, il disco nato in un'officina grondante grasso? Ecco, mischiatelo con un po' della New Orleans di John Campbell ed un pizzico dello swamp rock di Tony Joe White e avrete il sound di Daniele Tenca, Indiana (Lombardia). Daniele, bella voce profonda, era il frontman dei Badlands. Lo scorso anno ha debuttato con Blues For The Working Class, che ha portato in tour con la Working Class band. Live For The Working Class è il risultato di quel tour, anzi di una data registrata a Milano nel dicembre dello scorso anno.
Il disco è notturno, lucido, muscoloso, elettrico, bluesy. Come un disco dei Blasters. Si apre con l'ululato del loup garou con Cold Confort (una delle belle canzoni uscite dalla penna di Daniele) e segue in una sequenza impressionante con 49 People (dedicata alle vittime del lavoro) e una versione potentissima di Johnny 99 (alla Dave Alvin, da far concorrenza a quella di Johnny Cash, scusate se è poco). Prende fiato con una più lenta Flowers At The Gate da nebbia sul bajou e riprende con una strepitosa versione blues di Red Headed Woman (ancora di Bruce Springsteen) con una gran chitarra elettrica, anzi due. Un intro da bluesman consumato, non c'è che dire.
Poi ancora la Louisiana di John Campbell con Breach In The Levee con l'organo in bell'evidenza, e la sua Factory in blues. Un po' di laid back con He's Working, una ballata con Spare Parts e ci si avvia verso il finale con il classico John Henry che chiude in bellezza nel folk rock alla Seeger sessions.
Un gran bel disco made in Little Italy, che sarebbe grande anche se Daniele Tenca fosse born in the USA. Da ascoltare senz'altro.
(letto su BEAT)
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