martedì 27 ottobre 2015

Ruben > La vita alle spalle


Uno dei momenti migliori della musica italiana sono stati gli anni settanta dei cantautori: De André, Guccini, De Gregori, Bennato, Finardi, Dalla, Lolli, Venditti...
È a quel periodo che si ispira Ruben, cantautore degli anni duemila, già autore di Il rogo della vespa, Il lavoro più duro, Live alla fontana ed uno Spezzacuori, omaggio alle canzoni di Massimo Bubola.
Un mestiere ingrato, il cantautore negli anni duemila, che non ripaga neanche di una frazione del proprio talento. Al disinteresse musicale dei nostri giorni, Ruben reagisce con un gesto di orgoglio: se il mondo non valorizza il lavoro dell'artista, sarà l'artista a valutarlo da sé, a partire dalla vendita. Il suo nuovo album non è distribuito, è in vendita solo privatamente, ed al prezzo di 45 € ad ogni copia (autografata). Se vuoi un piccolo tesoro, lo devi pagare.

La vita alle spalle è curatissimo. Molto ben registrato, ben arrangiato, ben suonato, ben cantato, ha la durata di un long playing. È un disco che sa un po' di testamento: non a caso il tema è la morte. Ispirato dalle suggestioni di Death Of A Ladies' Man, il capolavoro di Leonard Cohen (registrato, vedi caso, nel 1977), Ruben immagina le parole finali di un cantautore, di un puttaniere, di un giocatore, di un pigmalione, di una ragazza qualunque, e persino di un attore porno e dell'Imperatore Nerone, fra arrangiamenti indovinati e sofisticati, viole, violini, tromba e strumenti a corda dalle chitarre ai mandolini. Un intermezzo strumentale si sviluppa in tre episodi, dal preludio al finale, con il titolo di Ogni ora ferisce, l'ultima uccide (dal titolo di un film francese degli anni sessanta). In un brano elettrico sembra persino di ascoltare i Pink Floyd.

Davvero un bel disco. Tanto da far rimpiangere la scelta di nasconderlo in un giardino segreto. Finite le copie fisiche, varrebbe la pena di lasciarlo ascoltare, magari pubblicandolo su siti come Spotify. Non ci si aspetta di guadagnare nulla, ma alla fine si crea per essere trovati, no?

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