lunedì 31 ottobre 2011

Mauro Ferrarese > Wounds, Wine & Words



Wounds, Wine & Words letteralmente ferite, vino e parole, è un disco di blues acustico di sofferenza, euforia e parole. Ne è autore Mauro Ferrarese un tipo che sembra uscito da un festival di musica acustica della California post-psichedelica, capelli lunghi ingrigiti, pizzetto, look da montanaro, sguardo arguto e faccia simpatica. Abita nel Sud Tirolo ma ha fatto la gavetta a New Orleans dove ha imparato l’arte di arrangiarsi facendo il busker ed ha imparato la legge del blues. “La strada è il miglior palcoscenico per un uomo di blues” dice Ferrarese a chi gli chiede in quali festival ha suonato e così aiutandosi con la chitarra e con il dobro Ferrarese canta un blues spartano e felicemente parco che trae origine dal Delta (Son House è il suo maestro) e poi sconfina nel vicino Texas. Un blues scheletrico e primitivo ma non scolastico con una esecuzione pulsante e viva nonostante la strumentazione ridotta all’osso ed un allargamento verso il ragtime, il gospel, il di folk di Woody Guthrie e il country di Hank Williams.
Wounds, Wine & Words è un affresco di musica americana della strada che spazia dal fantasioso stompin blues di Frontdoor Blues, brano legato allo stile di Son House, al più oscuro Soul Train dove Ferrarese mette in luce il suo slidin’ ed una voce chiara, pulita, autorevole. Ipnotico come può esserlo un blues del deep south, SoulTrain è l’esempio delle molteplici facce mostrate da Ferrarese. Come scrive lo stesso sulla copertina del disco “il grande Son House raccontava nei suoi blues di una donna e di un uomo….io non ho molte parole se non in queste dodici tracce. 1 Thing nasce come elaborazione di un vecchio canto di lavoro che chiamavano Rosie, Earthquake e We’re All Alive sono nate nell’aprile del 2009 dopo una visita agli amici di L’Aquila. Le altre sono storie più o meno recenti che hanno attraversato la mia strada e dove ho incontrato anche voi”.

Parla la musica in Wounds, Wine & Words e i testi si fanno carico di un’ironia hanno che trasmette positive sensazione anche quando sono di scena l’abbandono, la sofferenza, la malinconia. Ma Mauro Ferrarese con la sua voce convincente, la sua pregevole tecnica col dobro ed il suo spirito sa essere un nostrano Leon Redbone che diverte con una musica dei vecchi tempi più di quanto non riescano tante moderne rock n’roll band.
Blues, folk, country di montagna ed una salutare ventata di old-time music, la stessa che Ferrarese sviluppa quando si esibisce con i Red Wine Serenaders (vederli assolutamente dal vivo), un concentrato di swing e buon umore con Ferrarese coadiuvato dall’ottimo chitarrista Max De Bernardi e dalle frizzanti Veronica Sbergia e Alessandra Cecala due musiciste e cantanti che con washboard ukulele e contrabbasso riempiono la scena più di un’orchestra. Se li trovate in giro dalle vostre parti non perdete il loro set.

Mauro Zambellini, dicembre 2010 (da Zambo's Place)