venerdì 2 marzo 2012

John Strada & The Wild Innocents Live In Rock'a



Un altro rocker dalla via Emilia, la stessa strada battuta dai Graziano Romani, Rigo Righetti, Ligabue, Miami & The Groovers, e volendo un po’ più giù fino ai Cheap Wine… Terra di polvere, afa, motori e tanta passione.
Nato, come racconta lui, all’incrocio fra le provincie di Bologna, Ferrara e Modena, John di strada ne ha fatta molta per arrivare fino al Greenwich Village e a Londra. Vent’anni di musica e concerti, Strada è un vero blue collar del rock & roll fulminato sulla via del Boss. Un John Grushecky della pianura del Po.
I fan raccontano che il meglio John Strada lo da negli show dal vivo, come quello testimoniato da questo doppio CD registrato la notte del 15 luglio 2011 alla Rocca di Cento in provincia di Ferrara con la sua band, un gruppo che porta il significativo nome di The Wild Innocents. E quando Springsteen mastichi questa band lo si capisce dalla qualità delle cover di Growin’ Up e soprattutto di Born To Run, che chiude lo show con grande energia nonostante manchi il sax.
Ma a parte le cover, John Strada non canta le sue canzoni in inglese ma in italiano, nella lingua del suo pubblico. Perché John sa bene di essere un loser: come racconta lui stesso, non diventerà mai famoso ma andrà comunque avanti a provare per tutta la vita nella sua missione, che è portare il rock & roll, paesino dopo paesino e provincia dopo provincia, suonando con la sua band meglio che si può. Con Fabio Monaco, "il bello, il principe delle quattro corde"; con Daniele Hammond De Rosa; con Alex Boom Boom Cuocci, il picchiatore di Pieve di Cento; con Francesco Fosco Foschieri il Buddah della Fender.
John Strada suona il rock & roll del Boss ma canta in italiano le parole che parla ogni giorno al bar. Parole che a volte possono apparire semplici, che a volte possono sembrare ingenue, ma sono le parole che parla il suo pubblico. La band, non lo si può negare, è strepitosa, in gran forma ed in gran spolvero, professionisti rodati dalla strada e dal palco, ma con una passionaccia che si sente ad ogni pezzo. I brani sono quelli che gli è riuscito di scrivere meglio in sei album e vent’anni di carriera. Raccontano di gioventù (Come una star), di amori che nascono (Eccomi qua), di amori che finiscono (La notte che mi hai lasciato). Di suicidio anche (Lettera dal Paradiso).

Sempre di più: “Questa è la canzone più triste che facciamo ogni notte, questa canzone parla dei rapporti che ci sono fra uomini e donne, perché tu credi di mettere dentro nella persona che ti piace quello che tu ti aspetti quello che lei sia, ma raramente questo capita… Il cuore fa molto male quindi ragazze andateci piano per favore”

15 Agosto, Marina di Ravenna (Barbara). È un titolo che ricorda qualche cosa?

Crevalcore 07.01.05 è un rock cupo “e va, e va, verso l’eternità, non ritornerà”, con un gran Hammond a dipingere lo sfondo, il mio brano preferito assieme a Cohiba, un rock caraibico cantato come un inno, “c’è un ipotesi migliore per cui battersi e morire e non credere a chi dice di no, c’è c’è Che, c’è un profumo inebriante che dall’Africa alle Ande ti racconta di tabacco e caffè, c’è una voce chiara ed argentina, che fa fuoco e medicina, come avesse amore e rabbia, c’è fra le nuvole di un sigaro la voce di uno zingaro che un giorno di gennaio gridò, c’è o almeno credo ci sia stato un fedelissimo soldato che per sempre quella voce cercò… Venceremos adelante o victoria muerte!” 

Ancora le canzoni cantano di energia (C’è un fuoco dentro di te); dell’invecchiare (Ci deve essere un errore, su un groove alla Cadillac Ranch: “non può essere vero quello che ho sognato, dove è andata la vita che ho vissuto, ci deve essere un errore, ho superato i quaranta…”; dell’infedeltà coniugale (Sabbie mobili); di amicizia e di divertimento assieme sul lungomare (La storia è fatta di notte).

Cavalli Selvaggi è la sua Born To Run, ed è proprio con questa accoppiata che si conclude il concerto per un pubblico plaudente e soddisfatto.

Anche se John Strada non diventerà mai famoso un po’ di successo se lo meriterebbe comunque. Diciamo almeno lo stesso successo che ha trovato un Ligabue, un rocker che allo stesso pubblico si rivolge. Se una casa discografica scommettesse su di lui, se ottenesse un po’ di spazio alla radio (ma non esistono più le radio libere), se una delle canzoni avesse un briciolo di fortuna, se il pubblico della musica leggera alzasse lo sguardo un poco più in alto, John Strada potrebbe avere un po’ del successo che gli spetterebbe di diritto. E se poi curasse i testi con un po’ più di malizia potrebbe mirare anche ad un pubblico più attento. Ma John Strada è un blue collar, un proletario del rock & roll, uno che parla come mangia, fa poca poesia e dice “due poppe così” nelle sue canzoni. In missione per il rock & roll dalle parti del bagno Sottomarino di Marina di Ravenna.

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