giovedì 22 marzo 2012

I Luf Cantano Guccini



C'è stato un tempo che è stato un tempo felice per la canzone italiana, anzi ne è stato di certo il tempo più bello. I giorni dei cantautori, che declinavano le ballate d'oltreoceano di Bob Dylan e Leonard Cohen con il nostro idioma latino, i primi anni settanta di Francesco De Gregori, Francesco Guccini, Lucio Dalla, Antonello Venditti, Angelo Branduardi, oltre ai più rockettari Edoardo Bennato, Eugenio Finardi e tutti gli altri (su su fino ai gruppi fusion e progressive). Noi che eravamo più scafati e ascoltavamo la musica "della California o delle porte del cosmo", di Canterbury, dei figli dei King Crimson o di Miles Davis, un po' li snobbavano quei dischi cantati in italiano, ma c'era tutta una generazione a riconoscersi in quelle pagine cantate e a partecipare attraverso quelle canzoni alla mitologia del rock. E siccome tutti abbiamo avuti una fidanzata o una compagna di scuola che possedevano i LP di Radici, Rimmel, Automobili, La Luna, Sotto Il Segno dei Pesci, quei dischi li conosciamo ugualmente a memoria. Francesco Guccini aveva una personalità magnetica: la voce e l'eskimo, gli stessi del boss del Liceo, quello che possedeva le verità e che non avresti mai avuto il coraggio di contraddire. La voce di Guccini non poteva fare a meno di incantare anche i più rockettari, come non emozionarsi alle sue canzoni e non commuoversi alle sue storie? I suoi testi lirici sono stati paragonati al Carducci, e sono molte le sue canzoni ad essere entrate nel mito popolare.
Può dunque non fare piacere che una manciata di esse venga recuperata dalla polvere dell'oblio e recuperata alla vita e all'ascolto, auspicabilmente non solo di cinquantenni nostalgici ma di generazioni che del Guccini non hanno mai neppure sentito parlare? Può non fare piacere che il mio spacciatore di dischi a cui chiedo di questi Luf, mi dica che il disco vende bene? E mi piacerebbe vendesse sopratutto a giovani orecchie che attraverso questo disco rivivano le stesse emozioni di altri vecchio giovani cuori anni prima di loro…
I Luf in spagnolo si tradurrebbe Los Lobos, vengono dal lago e pare abbiano già messo assieme un bel po' di dischi cantati da Dario Canossi, ex ragazzo dalla voce gucciniana che sulle sue canzoni ha imparato a suonare la chitarra, ad esibirsi e a scrivere canzoni di suo. La band attorno è di lupi del lago di Como, come Van De Sfross, e come lui fanno del cajun con fisarmonica, violino, fisarmonica, dobro, ukulele e chitarre acustiche. Questo singolare e fortunato omaggio al poeta di Pavana è, nelle parole di della band, un modo di "vestire quelle belle signore che sono le canzoni di Guccini con abiti nuovi fatti a mano, con fisarmonica violino e cornamuse…"
Undici canzoni evidentemente scelte fra le preferite del cantante Dario Canossi, o fra quelle che gli vengono meglio. Scelte più fra le "canzonevoli" che fra quelle epiche o malinconiche di Guccini; non a caso molti pezzi fanno parte del repertorio dei Nomadi. Non è facile cantare le canzoni che furono cantate da uno con la personalità straripante di Guccini, ed anche avere una "voce simile" a quella di Guccini è cosa diversa da avere "la voce" di Guccini; per questo gli episodi migliori mi paiono quelli più vestiti dalla personalità folk quasi world dei Lupi, per esempio Bologna che apre l'album (anche se per apprezzare un'ode al capoluogo dell'Emilia bisogna proprio esserci nati, perché non è San Francisco e neppure la swingin' London). Molto ben fatta anche Canzone per un Amica, che come tutti i nati nei fifties ben sanno è il commovente omaggio del vate ad una giovane amica rimasta uccisa in un incidente in automobile. Vedi Cara e L'Avvelenata suonano piene e convinte, mentre era veramente un azzardo riproporre un fotogramma di immobile malinconia come Incontro, che per quanto bella non rende la tristezza dell'originale.
Ma il senso del disco non dovrebbe essere paragonare le versioni dei Luf a quelle originali, ma invece riportare sulle tavole del palco piccoli grandi poesie che non meritano la polvere e l'oblio; ed il meglio sarebbe che le canzoni fossero ascoltare da orecchie nuove, con l'auspicio che riescano anche a conquistarle.

Per quanto riguarda me mi ha un po' colpito sentire oggi le parole scritte nel 1965: "questa mia generazione è preparata a un mondo nuovo e a una speranza appena nata, ad un futuro che ha già in mano". 


1 commento:

Blue Bottazzi ha detto...

Sono stato a Bologna a mangiare in un ristorante che secondo la guida era un luogo frequentato da Guccini. Per creare un po' di simpatia dico alla cameriera: "qui viene a mangiare Guccini?"
Lei si gira verso una collega e grida: "Ci viene un Guccini qui?"
E l'altra: "Può anche darsi, ne viene di gente..."