venerdì 18 ottobre 2013

le parole di Little Italy



"Siamo lontani fisicamente, e non solo, dal sogno della Asylum Records, dove facevano musica insieme, scambiandosi le canzoni, Jackson Browne, Tom Waits e gli Eagles. Ma col cuore e col pensiero siamo un po’ da quelle parti... una piccola etichetta discografica, una filosofia precisa, un piccolo laboratorio dove ospitare artisti che si conoscono tra loro, simili tra loro, o con punti di contatto importanti. Il piacere di creare i prodotti che vorremmo acquistare, farli proprio come quelli che piacciono a noi" (Ermanno LaBianca, su Route 61)

“Siamo nati nel 2000...con la voglia di suonare il rock che abbiamo sempre amato. I riferimenti erano quelli classici: clash dylan bruce elvis stones wallflowers... Riferimenti italiani pochini, anche se comunque di cose buone nel rock negli anni '90 ce ne son state. Un nome troppo sottovalutato da tutti: Brando, eccezionale chitarrista e cantante siciliano. Una scena esiste ed è alimentata da band che come noi si sbattono per città in città, da locale a locale e portano avanti la fiamma della musica live. Negli anni stiamo cercando di costruire una "rete" di locali e promoter per affrontare le difficoltà che esistono a suonare musica dal vivo in Italia. Abbiamo comunque vissuto momenti magici ed indimenticabile, come quando abbiamo diviso il palco con Bruce Springsteen, Southisde Johnny, Elliott Murphy, Michael McDermott, Alejandro Escovedo, Willie Nile, Jesse Malin e tanti altri. Ma la cosa più bella rimane il nostro pubblico, davvero fedele ed appassionato” (Miami & The Groovers)

“Come tanti musicisti non riesco a stare fermo, la vita scorre troppo velocemente per starla a guardare. A volte ci si piange addosso perché si suona poco e non si trova disponibilità nei locali dove imperversano le tribute band perché il pubblico è troppo pigro e vuole musica da jukebox. Il disco è stato una bella scommessa, ma ha avuto recensione entusiastiche, persino in America, ed è questo che ti fa andare avanti: il mio prossimo cd è già pronto per essere inciso”. (Cesare Carugi)
In Italia ci sono buone band ma manca una vera scena rock. La stampa è sempre stata molto diffidente e ancora adesso tende a ghettizzare le band italiane che suonano rock, soprattutto quelle che cantano in inglese. Il pubblico è più aperto e molto appassionato ma numericamente ristretto. Le premesse ci sarebbero, ma servirebbe una presa di coscienza: alcune band italiane sono superiori a band americane o inglesi che tuttavia sono più osannate e promozionate. C'è provincialismo, soprattutto da parte dei mass media e questo impedisce di allargare la cerchia. Le cose più belle di questo mestiere sono l’affetto dei fans, l'armonia all'interno della band, la stima che i Cheap Wine si sono guadagnati anche all'estero. E la voglia di suonare che aumenta giorno dopo giorno sempre con rinnovata passione. Siamo al nono album e se li ascolto li amo ancora tutti quanti perché rispecchiano appieno il nostro percorso e il nostro spirito” (Cheap Wine)

“Esiste un circuito "indipendente" nella vera accezione del termine che racchiude rock, blues, americana, e che si fa spazio con credibilità ed energia che sono apprezzate anche (o quasi soprattutto) fuori dai confini. Gente che si mette in gioco su ogni palco e soprattutto non si guarda le punte dei piedi quando suona perché fa figo. Nel nostro disco abbiamo messo il blues a servizio di problematiche più che mai attuali quali il lavoro nero, la precarietà, le morti bianche, le discriminazioni sociali. Il disco ha ricevuto il premio "Fuori dal controllo" del MEI e ci ha portato a rappresentare l'Italia all'International Blues Challenge di Memphis nel 2011. È stata un’esperienza pazzesca suonare quattro date a Memphis”. (Daniele Tenca)

“Una scena rock qui in Italia c'è eccome, ma striscia nell’underground, quasi inosservata ai più. Credo che l'orecchio dell'ascoltatore medio italiano sia un po' troppo anestetizzato dal prodotto commerciale che la radio nazionale spaccia come unico rimedio al silenzio assoluto. Questo atteggiamento purtroppo crea una insana reazione a catena che influisce negativamente sui musicisti di talento, di quelli che avrebbero qualcosa da insegnare... gruppi come I Pan del Diavolo, A Toys Orchestra, Operaja Criminale, Il Disordine delle Cose, o tra i cantautori Giovanna Lubjan, The Niro, Naif Herin, Renzo Rubino; tutti artisti bravissimi che, in un altro momento storico e soprattutto in un altro paese, avrebbero già avuto la meritata visibilità. La vita del musicista in Italia è da inventare giorno per giorno: ci vuole fantasia nel creare la propria strada. Di fronte a tanta offerta di musica e di belle canzoni, tante realtà di supporto a tutto questo chiudono. Penso a due esempi eclatanti: la Casa del Disco di Como che era un centro culturale più che un vero e proprio negozio o Dolphin Discs a Dublino, segno che non solo in Italia la musica oggi viene fruita male. Speriamo fra un anno di parlare ancora di Record Store Day” (Mardi Gras)

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